28 Giugno 2024
I nuovi sistemi energetici a bordo velivolo
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I lavori del Comitato Tecnico (CT) del Cluster Tecnologico Nazionale Aerospazio CTNA che ho il piacere e l’onore di coordinare da diversi anni, si sono indirizzati negli ultimi anni alla redazione del Piano di Azione Triennale per la successiva valutazione e approvazione da parte degli organi di Governo del CTNA. Questo sfidante compito vede coinvolti nel corso di ogni anno tutti i membri del CT al fine di delineare le road map del settore aeronautico e spaziale, tali da offrire ai decisori politici la visione del comparto. Tale comitato vede partecipi tutti i possibili portatori di interesse del settore aerospaziale, essendo presenti i rappresentanti di distretti tecnologici regionali, enti territoriali e associazioni, appartenenti al mondo industriale delle GI e PMI, alle agenzie, agli organismi di ricerca sia centri di ricerca che università. Uno degli approfondimenti portati avanti nel corso dell’anno 2023 è stato rivolto a nuovi sistemi energetici a bordo velivolo a fini propulsivi e non solo.

Il settore aeronautico si trova oggi di fronte a una sfida senza precedenti: l’impatto climatico. Nel contesto dell’aviazione, la quantità di gas serra rilasciata è una delle principali preoccupazioni ambientali. Sebbene il settore dell’aviazione sia diventato più efficiente in termini di emissioni di carbonio negli anni grazie a miglioramenti tecnologici e operativi, la crescita del traffico aereo ha comunque portato a un significativo aumento delle emissioni dirette di CO2. Negli ultimi quattro decenni, queste emissioni sono infatti aumentate del 3,6% all’anno, ovvero il doppio del tasso di crescita complessivo nel mondo. Considerando una crescita del settore del 3-4% all’anno e un miglioramento dell’efficienza del 2% all’anno (come previsto dall’ICAO), le emissioni raddoppierebbero comunque entro il 2050. L’Unione Europea (UE) ha approvato il Green Deal (2020), un insieme di iniziative volte a rendere l’UE climaticamente neutra entro il 2050, ossia esporre emissioni nette di gas serra pari a zero entro la stessa scadenza. Per il settore dell’aviazione, questo obiettivo è più ambizioso di quello di Flightpath 2050, che nel 2011 prevedeva una crescita neutra in termini di carbonio dal 2020 in poi e una riduzione entro il 2050 del 50% delle emissioni rispetto ai livelli del 2005. Il percorso verso un’aviazione climaticamente neutra è indubbiamente complesso ed è stato intrapreso attraverso una cooperazione sinergica tra nazioni e settore privato, Partenariati Pubblico-Privati (PPP) come i Joint Undertakings (JU), inseriti nei successivi Programmi Quadro dell’UE.

Clean Aviation JU, lanciato nel novembre 2021 nell’ambito del programma quadro Horizon Europe, basandosi sui risultati dei precedenti programmi di ricerca Clean Sky 1 e 2, propone per l’aviazione una transizione verso emissioni neutre entro il 2050 (in linea con il Green Deal europeo) introducendo tecnologie innovative a basse o zero emissioni, e al contempo cercando di mantenere e sviluppare ulteriormente la leadership dell’industria dell’aviazione dell’UE. L’Agenda Strategica di Ricerca e Innovazione (SRIA) di Clean Aviation delinea le roadmap per raggiungere gli obiettivi del programma:

  • entro il 2030 si dovrà dimostrare e introdurre prototipi di aerei a basse emissioni e fare uso accelerato di combustibili sostenibili e operazioni “green” ottimizzate, in modo che queste innovazioni possano essere disponibili per un ingresso in servizio (EIS) nel periodo 2030-2035;
  • entro il 2050 si dovrà raggiungere un’aviazione climaticamente neutra sfruttando le nuove tecnologie accoppiate con il pieno utilizzo di combustibili sostenibili per l’aviazione e vettori energetici alternativi.

L’industria aeronautica ha iniziato a cercare soluzioni innovative per mitigare il suo impatto climatico, non raggiungibile unicamente con il solo miglioramento delle tecnologie esistenti, bensì con l’introduzione di tecnologie radicalmente nuove e di nuovi paradigmi di progettazione e gestione del sistema velivolo: si tratta da un lato dell’impiego dei combustibili sostenibili per l’aviazione (SAF) e dall’altro dell’applicazione delle nuove tecnologie di propulsione, accoppiando a diversi livelli macchina termica e macchina elettrica, e conseguenti fonti di generazione/trasformazione di energia primaria in energia elettrica a bordo.

L’uso dell’idrogeno emerge come elemento chiave nel futuro panorama delle tecnologie di propulsione aerea per il suo potenziale nel mitigare l’impatto climatico del settore. L’idrogeno, non emettendo CO2 in volo e potendo essere prodotto in modo sostenibile da fonti di energia rinnovabile (definito “idrogeno verde”), si rivela cruciale nella riduzione dell’impatto ambientale, particolarmente quando utilizzato per alimentare le celle a combustibile. Se è vero che l’idrogeno potrebbe anche essere utilizzato direttamente nella combustione di motori termici opportunamente attrezzati, in modo analogo a un carburante convenzionale, producendo come sottoprodotto sostanzialmente acqua, e riducendo così significativamente le emissioni nocive in atmosfera, l’approccio più avanzato e perseguito prevede la sua applicazione nelle celle a combustibile (Fuel Cell), una tecnologia promettente nel campo dell’aviazione. In questo contesto, l’idrogeno reagisce elettro-chimicamente con l’ossigeno dell’aria per produrre energia elettrica, con il solo sottoprodotto di acqua e calore. Le celle a combustibile potranno quindi offrire un metodo efficiente e pulito per generare energia atta alla propulsione e gestione dei velivoli, eliminando praticamente le emissioni inquinanti dirette.

In effetti i sistemi propulsivi elettrici a fuel cell sono visti, ad oggi, come una potenziale alternativa ai sistemi propulsivi termici che tradizionalmente vengono utilizzati in ambito aeronautico. Tra i principali punti di forza di questa tecnologia è certamente l’uso dell’idrogeno come carburante. Infatti, esso ha un’energia specifica (espressa in potere calorifico inferiore) che, a parità di massa, è circa tre volte superiore a quella del cherosene. Inoltre, l’utilizzo dell’idrogeno e dell’ossigeno nella fuel cell non produce alcun inquinante se non vapore acqueo, rendendo quindi il suo utilizzo compatibile con gli obiettivi Europei di impatto ambientale per tutto il settore del trasporto aeronautico. Mentre in altri campi (es. automobilistico, ferroviario e navale) la Fuel Cell viene utilizzata in alcuni prodotti di nicchia, in campo aeronautico il loro utilizzo è al momento pressoché rivolto a dimostratori tecnologici e/o prototipi. La ragione è che, in questo ambito, tale tecnologia è ancora da considerarsi a basso TRL (Technology Readiness Level) nonostante il suo buon potenziale. Tra tutte le tipologie di Fuel Cell quella denominata LT-PEMFC (Low Temperature Proton-Exchange Membrane Fuel Cell) è da considerarsi l’alternativa migliore in termini di prontezza tecnologica e praticità di utilizzo. Infatti, essa è già presente da molti anni come prodotto commerciale e grazie alla sua bassa temperatura di funzionamento (es. 60-90°C) ha una buona capacità di risposta alla variazione del carico e consente un avvio rapido. Questo tipo di cella può raggiungere un’efficienza di circa il 50%, ben più alta di quella raggiunta dai tradizionali propulsori a turbina (circa il 30%), quando sottoposta al suo carico nominale, scendendo a circa il 30% quando deve erogare il carico massimo. Questo determina un necessario sovradimensionamento dell’intero sistema Fuel Cell se si vuole che operi ad alta efficienza. Inoltre, anche se lo stack di Fuel Cell attualmente raggiunge una potenza gravimetrica di 2 kW/kg (e nel medio termine i 3 kW/kg) ha bisogno di molti altri componenti per poter funzionare. Tra questi è possibile indicare il Thermal Management System (TMS) necessario al suo raffreddamento, l’umidificatore per garantire il corretto livello di umidità sulla membrana e un compressore per assicurare sempre una concentrazione adeguata di ossigeno. Quest’ultimo, in ambito aeronautico, dovrà essere necessariamente sovradimensionato per poter ristabilire, anche alla massima quota operativa, la quantità di ossigeno richiesta. Quindi, nonostante il buon valore di potenza gravimetrica dello stack, il sistema Fuel Cell comprensivo degli accessori per il funzionamento (detti Balance of Plant) riduce tale valore a 1 – 1.5 kW/kg che risulta essere sostanzialmente inferiore a quello garantito dai propulsori a turbina (circa 3 kW/kg). Anche lo stoccaggio dell’idrogeno rappresenta un attuale limite di questa tecnologia in quanto l’idrogeno ha una densità volumetrica molto bassa e i serbatoi necessari sono di difficile installazione a bordo del velivolo.

Un altro limite è rappresentato dal raffreddamento. Infatti, se pur più efficiente del motore a turbina, la FC necessita di un sistema TMS dedicato che spesso è rappresentato da uno scambiatore aria-liquido che sfrutta l’aria esterna generando una resistenza addizionale. Cosa non necessaria al sistema propulsivo tradizionale che, invece, elimina il calore prodotto direttamente con i gas di scarico. Infine, anche dal punto di vista della vita operativa, il sistema FC necessita di ulteriore sviluppo in quanto, ad oggi, la durata del sistema è definita a circa 5000 ore operative che possono rappresentare pochi anni di utilizzo di un velivolo da trasporto. Alla luce dei limiti di questa tecnologia, come spesso avviene in campo aeronautico, le attività di ricerca aiuteranno a raggiungere una riduzione del peso dello stack e dei suoi accessori nonché il miglioramento delle loro caratteristiche di affidabilità e durata nel tempo. In tale ottica sono certo che nell’ambito del Comitato Tecnico del CTNA potrà essere portata avanti la riflessione sulle possibili ed eventuali maturazioni tecnologiche e sulle ricadute industriali della tecnologia emergente.

Massimo Sorli

Coordinatore del Comitato Tecnico del CTNA