Intervista a Luigi Carrino, Presidente del DAC
Quali sono i punti di forza della filiera aerospaziale campana?
Credo che un punto di forza sia un ecosistema industriale e della ricerca integrato che ha storia importante, un presente fondamentale nell’economia della regione e nazionale e che sta lavorando tutti insieme e intensamente per gli obiettivi futuri, a partire dalle sfide della digitalizzazione e dell’economia circolare. Tra i prodotti cito solo tre esempi: il Sagittario II, primo aereo supersonico italiano, completamente progettato e costruito in Campania, l’ATR, nelle sue diverse versioni, che dagli anni ’80 continua un successo di vendite senza precedenti e il TECNAM P2012 Traveller che può essere convertito rapidamente e facilmente da aeromobile da 9 passeggeri in un aereo per scopi speciali. Dal punto di vista industriale questa regione è cresciuta grazie alla presenza degli stabilimenti di Leonardo a Pomigliano e Nola, oggi arricchiti dalla significativa presenza di Leonardo Elettronica nella zona del Fusaro. Altrettanto importanti sono le presenze di MBDA e di Avio Aero. Questi leader industriali hanno consentito nel tempo la crescita tecnologica dell’intero sistema aerospaziale regionale, con imprese che hanno iniziato come subfornitori di Leonardo e che oggi hanno mercati mondiali. Faccio alcuni esempi: Magnaghi, nel settore dei carrelli e dei sistemi di atterraggio, Geven per gli interiors, ALA nella logistica, DEMA e LAER per le strutture in materiale composito. In questo scenario non va dimenticata la manutenzione e la trasformazione degli aeromobili che grazie all’imprenditore Gianni Lettieri è stata non solo salvata dal rischio di non avere una capacità nazionale nel settore, ma che oggi è un leader riconosciuto a livello internazionale. In ambito prettamente spaziale, invece, il Distretto si è fatto promotore del progetto MISTRAL, finanziato dalla Regione Campania, che mira a consentire esperimenti in microgravità con accesso rapido e a costi contenuti, grazie a un sistema di rientro atmosferico sviluppato da Telespazio. L’eccellenza della filiera campana dell’aerospazio è stata ulteriormente confermata dalla notizia del lancio di Mini-Irene, capsula spaziale sperimentale che, grazie al suo scudo termico a forma di ombrello e ad una struttura che riduce carichi termici e meccanici, ha dimostrato la possibilità di un rientro sicuro sulla Terra a bassa velocità. Il progetto, finanziato da ASI ed ESA, è stato realizzato dal CIRA, il consorzio ALI Scarl e l’Università Federico II di Napoli, con l’obiettivo di sviluppare una capsula di rientro per missioni scientifiche e di Osservazione della Terra in orbita bassa. Altrettanto interessante e la presenza di S.A.B. Aerospace e di MapSat nel Beneventano. Va considerato infine il fitto tessuto industriale fatto da PMI, positivamente aggressive, che continuano a lanciare nello spazio oppure a utilizzare dati generati nello spazio per erogare servizi sulla Terra. In Campania sono numerose le startup che operano nel settore spaziale, con progetti sia di upstream che di downstream. Il punto di forza industriale è dato proprio dalla coesistenza di tutte le anime dell’Aeronautica e dello Spazio e dalla loro integrazione, da 12 anni, nel Distretto Aerospaziale della Campania, società consortile a cui si accede attraverso l’acquisizione di capitale sociale. Secondo dati recenti al Distretto Aerospazio della Campania aderiscono 29 grandi imprese, 19 fra università e centri di ricerca, 150 piccole e medie imprese, praticamente l’intero sistema dell’aerospazio, sia sul fronte industriale, sia in quello della ricerca, costituito dalle Università, dal CIRA-Centro Italiano Ricerche Aerospaziali, il maggiore investimento che lo Stato italiano abbia mai fatto per dotarsi sia di competenze, quindi di uomini e donne in grado di essere sulla frontiera della ricerca, sia di infrastrutture di test che in alcuni casi sono davvero uniche al mondo. Citerei, come caso più eclatante, il PWT, che consente di fare prove per il comportamento dei materiali su una certa dimensione quando affrontano le condizioni di rientro in atmosfera, quindi con flussi termici elevatissimi. Abbiamo diversi istituti del CNR – Consiglio Nazionale delle Ricerche particolarmente impegnati sui materiali innovativi e sull’elettronica. Poi l’Istituto Nazionale di Astrofisica, che con l’Osservatorio astronomico di Capodimonte dà un contributo fortissimo alle tecnologie, perché progetta e realizza strumenti per missioni nello spazio. E poi l’Enea, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, l’Istituto Nazionale di Fisica dei materiali. Insomma, la nostra forza è l’ecosistema la forza della Campania, a cui abbiamo aggiunto il valore positivo di averlo integrato stabilmente per condividere visioni del futuro e sviluppare insieme progetti di innalzamento tecnologico.
Quali quote di mercato, reali e potenziali, ci sono per la filiera territoriale della Campania?
Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi SRM di Intesa Sanpaolo presentato lo scorso gennaio, l’Italia sviluppa un valore totale nell’aerospazio pari a 4.812 milioni di euro, al quale la Campania contribuisce con 880 milioni, il che vuol dire che in termini di valore aggiunto siamo poco più del 18% del totale nazionale. In termini di export, sempre la stessa fonte attribuisce all’Italia 6.310 milioni di euro e alla Campania 824 milioni, ovvero poco più del 13% dell’export nazionale. In termini occupazionali la regione registra 8.284 addetti diretti su 39.980, cioè quasi il 21%. Alla luce di questi dati possiamo affermare che la filiera aerospaziale è straordinariamente rilevante, rappresentando la colonna portante della manifattura regionale. Altri dati interessanti provengono dall’export: in Campania, sempre secondo la stessa fonte, nel 2022 le esportazioni sono cresciute del 20%. La mia interpretazione è che noi siamo molto impegnati sulla produzione di aeromobili per l’aeronautica civile e la ripresa post Covid ha rappresentato ovviamente una svolta positiva.Rispetto alle ricadute locali della filiera regionale per ogni 100 € investiti nell’aerospazio della Campania ne restano 94,1 € sul territorio, un dato enormemente più alto rispetto a tutti gli altri principali settori industriali regionali, come l’automotive, l’agroalimentare e l’abbigliamento ferme più o meno al 50%. I progetti che il DAC ha condotto in questi 12 anni, per un valore complessivo che supera i 250 milioni di euro, sono tutti, senza nessuna eccezione, guidati da un leader industriale, che può essere un’impresa grande, piccola o media, perché il compito del Distretto non è sviluppare ricerca di base, ma utilizzare quella parte della ricerca che si può trasformare in innovazione e quindi in capacità competitiva per le imprese.
Quale è il ruolo del digitale in questo processo?
Lavoriamo molto sulla digitalizzazione, perché è un’innovazione di tipo culturale e tecnologico, che parte dalla grande impresa e arriva velocemente a interessare l’intera filiera di PMI. Attualmente lo stabilimento di Pomigliano di Leonardo rappresenta il più avanzato esempio, forse al mondo, per la digitalizzazione completa dei processi per la produzione di fusoliere di aerei a corridoio singolo: il progetto Nemesi. Questo fa sì che sia in atto una vera e propria sfida positiva per portare l’intero sistema delle PMI della filiera dell’aeronautica campana a raggiungere gli stessi traguardi tecnologici per poter continuare a dialogare con Leonardo ed essere quindi parte dell’ecosistema che vi si sviluppa intorno. Nello stesso tempo stiamo lavorando su tecnologie nuove che, per esempio, riducono il numero di pezzi che compongono una parte. Abbiamo sviluppato il progetto TOP, che consente a Leonardo di realizzare pezzi che prima venivano realizzati assemblando più componenti in una parte unica in composito. Questo conferma il nostro impegno di sviluppo sia sulle tecnologie, sia sui processi industriali. Lavoriamo molto per mettere a punto una capacità di ingegneria additiva, ovvero con tecnologie che ci consentono di sviluppare nuovi processi per nuovi componenti. Siamo molto impegnati sulla Urban Air Mobility, con un nostro prototipo che in questo momento è in fase di test, una proposta originale della Campania, anche se io ribadisco l’assoluta disponibilità a convergere su un eventuale progetto nazionale che metta insieme più regioni. Altro settore che ci vede impegnati è quello dell’ipersonico, anche in collaborazione col ministero della Difesa, con la seconda fase del progetto Hyperion. La parte spaziale vede alcune aziende campane impegnate nell’upstream, come nel già caso del Consorzio ALI con il Mini Irene. Ci sono anche molte iniziative di utilizzo dei dati satellitari, come, ad esempio, i progetti che stiamo realizzando insieme ai viticoltori campani per utilizzare l’integrazione dati satellitari con la sensoristica a terra per il miglioramento delle coltivazioni dell’uva, ma stiamo lavorando anche ad un progetto molto importante, finanziato nell’ambito del PNRR, per il monitoraggio delle linee ferroviarie regionali, lungo tratte spesso a rischio idrogeologico. Siamo anche impegnati nell’affiancamento alle startup. Mi fa piacere ricordare che il Ministero della Difesa francese 3-4 mesi fa ha indetto un hackathon internazionale con la presenza di 84 Paesi da tutto il mondo. La Campania ha partecipato alla fase finale con due squadre: la prima ha vinto l’hackathon internazionale per la parte tecnologica e l’altra si è classificata seconda per la parte generalista. Abbiamo rapporti con una serie di grossi player internazionali che ci mettono a disposizione competenze e attrezzature per trasferire, ad esempio, concetti relativi proprio all’industria 4.0. Con IBM abbiamo realizzato un progetto di successo per l’uso della blockchain nelle produzioni aeronautiche, perché siamo caratterizzati come Paese dal fatto di avere moltissime piccole imprese specializzate verticalmente, mentre dall’estero ci chiedono di avere un interlocutore più grosso capace di fornire un prodotto in cui le tecnologie si integrano. Così abbiamo sperimentato la blockchain come un utile strumento per mettere insieme le imprese e farle funzionare come se fossero stabilimenti diversi, ma di un unico produttore.
Sulla base della sua esperienza, intravede nel suo territorio nuovi ecosistemi di innovazione, generatori di opportunità di business diverse e/o affini a quelle esistenti?
Sicuramente la Urban Air Mobility e l’Ipersonico, due ambiti nei quali stiamo facendo e possiamo fare anche di più, sia come Regione che come Paese. Però mi permetto di sottolineare soprattutto le grandi prospettive che vedo in tutti i cosiddetti fattori ESG e quindi in primis i fattori ambientali che vanno dalla sostenibilità relativa ai carburanti, ai motori (in Campania c’è una grande realtà quale Avio), alla riduzione dei consumi, delle emissioni, anche dell’impatto rispetto ai rumori, dell’integrazione con l’intelligenza artificiale, oltre a diversi fattori sociali. In una visione di sostenibilità l’aerospazio è particolarmente attento a quei fattori di governance come le politiche specifiche di Green Space, che ci consentono di guardare allo spazio non solo per quella componente di geopolitica e di economia privata, ma anche per quello che può generare in termini di interventi a favore del Pianeta e quindi dei cittadini in generale.
In conclusione, può definire brevemente le caratteristiche primarie della filiera aerospaziale campana?
Una filiera importante, che non ha nessuna voglia né presunzione di indicare una via campana all’aerospazio, ma che si rende disponibile per essere un pezzetto di un puzzle nazionale che è assolutamente necessario perché si possa competere in queste due aree, l’aeronautica e lo spazio, che sono tra le poche opportunità di affermazione dei talenti di questo Paese.