Quali sono i punti di forza del distretto umbro e come contribuiscono allo sviluppo e alla competitività delle imprese aerospaziali locali a livello internazionale?
Uno dei principali punti di forza del nostro Cluster e, più in generale, della regione, è la consapevolezza che in un contesto piccolo e logisticamente isolato sia fondamentale fare squadra per raggiungere obiettivi ambiziosi, come la costruzione di un ecosistema virtuoso teso all’innovazione e allo sviluppo. Rappresentiamo il fiore all’occhiello della regione, la sua punta di diamante in termini di tecnologia e industria, e insieme alle istituzioni lavoriamo per creare fattori abilitanti capaci di sostenere la competitività delle imprese locali.
Abbiamo trasformato le difficoltà in opportunità, costruendo un cluster interamente composto da imprese private, senza Big corporate o partecipazione pubblica. Questo ha favorito una mentalità imprenditoriale, a sviluppare nicchie di mercato e rapporti diretti con clienti internazionali, senza intermediazioni, rendendo il cluster umbro un esempio unico.
Dalle analisi che abbiamo fatto, è emersa una grande complementarità tra le aziende del cluster; tra di noi non siamo competitor ma tutti complementari. La nostra ossatura si basa su relazioni cliente-fornitore che stiamo trasformando in partnership strategiche, favorendo co-investimenti e divisione dei profitti.
La forza del cluster risiede anche nella capacità di coprire l’intera filiera produttiva, dalla ricerca e sviluppo fino alla manutenzione, passando per ingegnerizzazione, produzione e assemblaggio. Questo approccio integratoci permette di operare con successo in un contesto privo di grandi insediamenti industriali, rafforzando la competitività del nostro sistema.
Quali strategie il cluster sta adottando per sviluppare e attrarre competenze aerospaziali e per avvicinare giovani talenti a queste filiere strategiche?
La carenza di risorse umane qualificate è un problema nazionale particolarmente sentito in Umbria a causa della scarsa attrattività logistica e della percezione della regione come destinazione turistica, nonostante il 70% delle imprese sia orientato alla meccanica avanzata e all’innovazione. Per affrontare questa sfida, collaboriamo strettamente con l’ITS meccatronico umbro, leader nazionale, sviluppando programmi di formazione, fornendo asset e competenze per formare tecnici specializzati e operatori di macchine a controllo numerico.
Lavoriamo affinché enti formatori interessati ai nostri settori entrino nel cluster come soci aggregati, un risultato di grande valore che ci consente di intervenire nei comitati d’indirizzo di questi enti, orientando la formazione delle risorse legate al cluster. Collaboriamo anche con il sistema Confindustria Umbria, per incidere sulla formazione specialistica post-laurea. Ogni anno definiamo insieme l’offerta formativa, calibrandola sulle esigenze delle aziende del cluster.
Un partner con cui vorremmo intensificare il rapporto è l’Università di Perugia. Con la facoltà di Economia abbiamo attivato un corso di Aerospace Management, gestito da Oma ed allargato al cluster per trattare temi specifici dell’economia aerospaziale. Con Ingegneria, invece, vorremmo sviluppare un corso dedicato, per avvicinare gli studenti alle esigenze delle aziende. Una collaborazione strutturata e un co-branding con l’università attirerebbero molte più risorse sul territorio, garantendo opportunità lavorative concrete appena terminati gli studi.
Stiamo lavorando intensamente anche con le scuole superiori, sebbene sarebbe utile iniziare già delle scuole medie, dove però la comunicazione è più complessa. Ci concentriamo sulla diffusione della cultura aerospaziale, per sensibilizzare gli studenti e informare professori e famiglie della forte domanda di lavoro nel settore, con aziende in crescita e una carenza di risorse umane qualificate.
Quali sono le principali sfide tecnologiche che state affrontando e quali tecnologie emergenti ritiene più promettenti per affrontarle?
Il driver principale rimane quello legato all’efficienza e alla sostenibilità. Le tecnologie che consentono di ridurre peso e migliorare l’aerodinamica sono fondamentali per diminuire gli inquinanti. Sebbene non tutte le componenti possano essere completamente elettrificate, una progressiva elettrificazione dei sistemi rappresenta poi un’evoluzione concreta. Parallelamente, l’applicazione di materiali innovativi è un valore aggiunto, pur con un approccio più equilibrato rispetto al passato, come dimostrato dall’esperienza del carbonio sul 787: se gli aeroplani sono stati costruiti in metallo per decenni, c’è un motivo, ma i nuovi materiali restano promettenti per applicazioni mirate.
L’automazione della produzione e dell’assemblaggio, attraverso una maggiore interconnessione, può inoltre ridurre costi. Tecnologie come la blockchain ottimizzano il controllo delle componenti, riducendo la documentazione cartacea e migliorando l’efficienza complessiva.
Altro tema centrale è lo sviluppo del settore Unmanned, sia civile che militare. Nel settore civile, la regolamentazione UE pone alcune limitazioni, ma nel contesto della difesa, con una maggiore liberalizzazione, il potenziale di crescita è enorme.
La conformità dei processi produttivi e dei prodotti alle normative ambientali, come quelle REACH, sono obiettivi essenziali, ma anche particolarmente impegnativi, data la stringenza delle normative attuali.
Infine, un tema promettente per il futuro, è quello della prognostica e dell’IoT. Interconnettere tutti gli equipaggiamenti di un velivolo, consentendo di comunicare e operare in maniera efficiente ed autonoma grazie all’IA, offre enormi vantaggi. La prognostica prevederebbe guasti, ottimizzando interventi di manutenzione, accorciandoli o allungandoli a seconda delle esigenze. Questo approccio migliorerebbe la sicurezza e l’efficienza in termini di costi e valore operativo.
In che modo il suo distretto sta promuovendo l’accesso alle opportunità offerte dal settore aerospaziale e quali collaborazioni o strategie ritiene fondamentali per il posizionamento competitivo delle imprese del territorio?
Tra le iniziative più significative spicca la realizzazione, cofinanziata dalla Regione, di un piano di indirizzo strategico che non solo fornisce linee guida per le aziende del cluster, ma coinvolge tutti gli stakeholder del territorio.
Questo piano è strutturato in tre fasi: un’analisi di mercato per comprendere il macro contesto operativo delle imprese, un’analisi interna per identificare le caratteristiche, le attività e le competenze interne al cluster, e, infine, una SWOT analysis che ha permesso di definire linee evolutive e strumenti di supporto. Questo processo ha evidenziato percorsi futuri per le istituzioni territoriali, per gli asset regionali, come le infrastrutture, e per il sistema formativo, con l’obiettivo di sviluppare ricerca applicata alle tecnologie del cluster e formare risorse adeguate alle esigenze delle imprese.
Come vede il suo distretto nell’immediato futuro?
Da quando sono diventato presidente, circa 4 anni fa, l’obiettivo principale è stato trasformare il Cluster da ente che sostanzialmente organizzava fiere in organismo capace di affrontare le sfide del settore. Il primo passo è stato lavorare sull’approccio dei soci per superare ruggini e conflitti sedimentati nel tempo. Era necessario un percorso diverso, e il nostro piano strategico è stato fondamentale in questo, dimostrando che all’interno del cluster non c’è competizione, ma solo complementarità. Questo ha permesso di ampliare le capacità del cluster e consolidare la fiducia tra i suoi membri.
Oggi il cluster non promuove più le singole imprese, ma un ecosistema integrato e strategico per il Paese, un sistema che lavora in sinergia con il territorio, le istituzioni e gli enti formativi e di ricerca, offrendo valore aggiunto non solo alle aziende ma anche a investitori, clienti e fornitori.
Un traguardo importante del 2024 è stato il riconoscimento del cluster come soggetto in grado di fare offerte commerciali di filiera. Abbiamo coordinato la realizzazione di un’offerta economica integrata presentata sotto il marchio del Cluster, creando una sorta di bollino di qualità. Questo rappresenta un salto di livello significativo, dimostrando il nostro potenziale politico e commerciale.
Nonostante la dimensione relativamente piccola delle imprese del cluster – la più grande fattura 200 milioni di euro, la seconda 100 milioni, e le altre meno – insieme contiamo 5000 dipendenti e fatturiamo 1 miliardo di euro di cui investiamo il 10% in ricerca e sviluppo. Questo ci conferisce un peso completamente diverso a livello politico, commerciale e sistemico.
Il mio sogno è che le attuali collaborazioni cliente-fornitore si trasformino in vere partnership e che un giorno il cluster diventi un consorzio, una società delle aziende che lo compongono. Nel frattempo, continuiamo a lavorare per fare ciò che un consorzio dovrebbe fare, anche senza esserlo formalmente, sapendo che ci arriveremo.
Quale è secondo lei il valore aggiunto di far parte del Cluster Tecnologico Nazionale?
È fondamentale essere parte di un cluster nazionale, sia per le opportunità che genera a livello istituzionale, sia per la possibilità di convogliare interessi specifici delle regioni in un contesto più ampio, identificando obiettivi orizzontali condivisi da tutti. Questo consente di creare una massa critica maggiore per influenzare le scelte politiche in modo efficace. Al contempo, il valore del network è essenziale: essere tutti insieme come distretti, confrontarci, dialogare e comprendere il valore reciproco è cruciale per il nostro sviluppo.
Uno dei grandi valori del cluster nazionale è proprio la capacità di ascolto e di collegialità nel processo decisionale, dove proposte vengono condivise e scelte prese in maniera collettiva, garantendo rappresentanza equilibrata e maggiore forza strategica.